Master IMID Stories: videomaking with CROMOSTUDIO
Il videomaking per interior design trasforma spazi e materiali in narrazioni visive ad alto impatto. Nel Master IMID (Università Iuav di Venezia), il modulo con CROMOSTUDIO unisce set reali, tecnica cinematografica e storytelling per formare professionisti capaci di comunicare ambienti, brand e progetti su più canali.
La porta dell’aula si apre e rivela un set in fermento: treppiedi, binari, gimbal, coni di luce che scolpiscono un tavolo in legno, microfoni pronti a catturare il respiro dello spazio. Le voci si intrecciano in un lessico condiviso: inquadratura, key light, pull focus, room tone. Al centro, gli studenti del Master IMID – Interactive Media for Interior Design imparano a raccontare gli interni con il linguaggio del cinema, guidati dai registi Edoardo e Riccardo Vojvoda di CROMOSTUDIO. È un’esperienza completa: dalla pre‑produzione alla consegna, con un obiettivo netto — trasformare idee e progetti in storie che si fanno ricordare.

Nel design degli interni, la comunicazione non è un accessorio: è parte del progetto. Il video fa emergere la relazione tra luce e materiali, restituisce proporzioni e profondità, cattura l’atmosfera d’uso. Per un brand, è posizionamento; per uno studio, è credibilità; per il cliente, è comprensione. Per questo il modulo IMID spinge su un metodo che unisce visione creativa, disciplina tecnica e rigore produttivo.
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Perché il videomaking è decisivo nell’interior design
Un interno vive di ritmi, sequenze, dettagli. Le transizioni dall’ingresso alla lounge, il rapporto tra luce naturale e artificiale, il comportamento delle superfici — tutto si capisce meglio quando lo spazio si muove. Il videomaking, se pensato “a monte”, guida anche la progettazione: obbliga a chiarire priorità, gerarchie, punti di forza. E soprattutto allena a parlare al pubblico giusto, con tempi giusti, nel formato giusto.
- Storytelling visivo: il racconto costruisce senso e orienta l’attenzione, oltre la somma dei singoli frame.
- Percezione della luce: le variazioni nel tempo mostrano come cambiano volumi, cromie e texture.
- Materiali e tattilità: un panning lento su una finitura soft‑touch vale più di cento parole.
- Distribuzione multicanale: un’unica produzione, molte versioni (16:9, 9:16, 1:1) per sito, social, presentazioni.
Struttura del modulo IMID: dal brief alla consegna
Il modulo è pensato per replicare il flusso industriale con tempi didattici. Brevi riunioni, ruoli assegnati, un deliverable chiaro. Ogni decisione è tracciabile: dallo storyboard alla scelta dell’ottica, dalla temperatura colore al mix finale. Lo scopo non è “girare qualcosa di bello”, ma produrre un contenuto utile, coerente e pronto per l’uso professionale.
Pre‑produzione: strategia e documenti
Si parte da un progetto reale (retail, corporate, residenziale). Si definiscono obiettivo (spot, teaser, walkthrough), target, KPI comunicativi. Si individua la location e si scrive uno script operativo: elenco delle scene, durata, key message per ciascuna, riferimenti visivi. Lo storyboard, anche sintetico, fa emergere subito criticità e bisogni tecnici: cavi, alimentazioni, diffusori, microfoni, riflettori.
Impostazione del set: luce e inquadrature
La luce è co‑autrice del racconto. Negli ambienti residenziali, si preferisce un modello morbido: finestre come key light, riempimenti leggeri, punti caldi per materiali naturali. In retail, tagli più netti e contrasti misurati valorizzano espositori e percorsi. Le inquadrature ragionano per gerarchie: piani larghi per orientare, medi per azione, dettagli per materia.

Camera, movimento, ottiche: quando e perché
Grandangoli moderati mostrano l’ampiezza senza deformare; focali più lunghe isolano dettagli e compattano lo spazio. Slider e gimbal introducono movimento “respirato”; la camera a mano, usata con criterio, aggiunge presenza. La messa a fuoco non è solo tecnica: è regia. Un cambio di fuoco bene eseguito guida lo sguardo là dove serve.
Sound design: credibilità e atmosfera
Un silenzio “pulito” è irreale. Per questo si registra room tone, si catturano micro‑suoni di utilizzo (apertura di un’anta, passo su un pavimento in legno, fruscio di tessuti), si scelgono fonti musicali coerenti. Quando serve, il voice‑over chiarisce in pochi secondi i messaggi chiave: materiali, comfort, sostenibilità, personalizzazione.
In aula come in produzione: ruoli e responsabilità
Ogni studente ruota tra funzioni: regia, DOP, operatore, assistente camera, elettricista di scena, fonico, data manager. Questo allena alla collaborazione e fa comprendere i vincoli reciproci. Il coordinamento è un’arte: check list, time box, piani B. La qualità nasce da chiarezza, sintesi, disciplina.

Workflow tecnico: dalla camera al master
La tecnica non è virtuosismo: è affidabilità. Si lavora su profili log o raw, si espongono le alte luci con margine, si mantiene coerenza di bilanciamento e gamma. La pipeline di post‑produzione è snella, con priorità a ritmo, leggibilità, consistenza cromatica. Il risultato deve funzionare su smartphone in metro e su schermi grande formato in showroom.
Data management e sicurezza
Ogni take è asset. Subito dopo lo stop: ingest su disco primario, checksum, duplicazione su secondario, catalogazione per scena/clip, fogli di set con metadata essenziali. Ordine e ridondanza evitano perdite e accelerano il montaggio.
Montaggio e color grading
Si monta per “respiro”: alternanza tra piani larghi e dettagli, stacchi motivati, animazione tipografica minima e leggibile. Correzione del colore per coerenza, grading per identità: neutro elegante per corporate e retail, toni caldi e vellutati per hospitality e residenziale. Niente filtri gratuiti: la grammatica visiva deve servire il progetto.
Versioning e formati
Ogni progetto prevede almeno tre uscite: 45–60s orizzontale (sito/presentazioni), 30s verticale (storie/reel), 15s teaser. Grafica e titoli sono progettati in modo modulare, così da adattarsi senza perdere gerarchia e leggibilità. L’export considera bitrate, codec e compressioni consigliati per ciascun canale.
Apprendere facendo: la forza del set didattico
In IMID si impara nel fare, non nel simulare. Ogni giornata di set ha un obiettivo concreto e una consegna chiara. Gli studenti si misurano con tempi reali, imprevisti, limiti: l’errore diventa apprendimento, la ripetizione metodo. E alla fine resta un portfolio fatto di progetti spendibili, non di esercizi astratti.

Il risultato tipico è un mini‑spot: pulito, ritmato, con un messaggio. Sequenze che mostrano distribuzione, materiali, comfort d’uso; dettagli che raccontano maestria costruttiva; un suono che fa “sentire” lo spazio. È un formato che vive bene sui social e sostiene presentazioni e portfolio.

Competenze chiave che porti a casa
- Visione narrativa: tradurre concept e identità in un racconto per immagini e suoni.
- Gestione della luce: combinare naturale e artificiale con finezza e continuità.
- Scelte di camera: focali, movimenti, messa a fuoco al servizio del messaggio.
- Audio credibile: room tone, micro‑suoni, musica. Less is more, ma con cura.
- Post‑produzione: montaggio essenziale, color coerente, grafica minima e leggibile.
- Metodo: ruoli, tempi, consegne. Una filiera replicabile in contesti professionali.
Valore per studi e brand
Per gli studi, il videomaking significa presentare meglio i progetti, rinforzare la comunicazione, attrarre clienti. Per i brand, significa raccontare collezioni, allestimenti, materiali in modo vivo. In entrambi i casi, vuol dire possedere una competenza che rende autonomi e più rapidi nelle decisioni: pianificare uno shooting, definire una scaletta, dialogare con una troupe senza sprechi.

Tendenze 2025: qualità alta, formati brevi, strategia chiara
La richiesta di contenuti brevi non si ferma, ma cresce anche l’attenzione alla qualità. Sequenze più corte, ma più chiare; audio curato; color grading coerente. Le aziende chiedono asset “modulari”: uno shooting, molte varianti; micro‑narrazioni verticali per social, walkthrough orizzontali per sito, still estratti dai video per schede prodotto.
- Micro‑narrazioni (15–30s): un messaggio, un materiale, un gesto d’uso.
- Walkthrough brevi: orientare il cliente nella distribuzione, mostrare percorsi e punti focali.
- Versioning: disegnare grafiche e titoli perché si adattino a 16:9, 9:16, 1:1 senza perdere gerarchia.
- Audio‑first: la storia deve funzionare anche senza volume; i sottotitoli non sono un optional.
Case study: dalla lounge al teaser
Un team ha raccontato una lounge aziendale: superfici soft‑touch, profili luminosi, tessuti acustici. Apertura con piano ampio, poi passaggi su dettagli di cuciture e tagli di luce, infine momenti d’uso. Montaggio in due versioni: 45s orizzontale e 30s verticale. Titoli asciutti, iconografia minima. Il risultato ha alimentato sito, social e presentazioni commerciali, con metriche in crescita su tempo di visualizzazione e CTR.
Valutazione: criteri oggettivi
- Messaggio: obiettivo chiaro, coerenza con target e canale.
- Qualità tecnica: esposizione, fuoco, pulizia del suono.
- Luce: consistenza e leggibilità di materiali e volumi.
- Montaggio: ritmo funzionale, titoli leggibili, transizioni utili.
- Consegne: formati corretti, pesi e compressioni adeguati, versioni pronte.
Strumenti e software: essenziali e flessibili
La tecnologia cambia, il metodo resta. In set si utilizzano camere e luci di livello professionale; in post si lavora con editor e suite di color e audio standard di settore. L’obiettivo: saper impostare la produzione in modo essenziale, fare scelte informate, evitare sovra‑ingegnerizzazione. L’arte è nel togliere, non nell’aggiungere.

Integrazione con gli altri moduli IMID
Videomaking, CGI, materiali, interattività: in IMID i moduli dialogano. Un concept forte si traduce in visual coerenti; un set illuminato bene rispetta le palette definite; un rendering in tempo reale aiuta a scegliere inquadrature e movimenti. Questa integrazione prepara a lavorare in team e a gestire commesse complesse con molteplici output.
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Domande frequenti
Serve esperienza con la camera? No. Il modulo parte dai fondamentali e cresce su esercizi reali. Richiede curiosità e attitudine al lavoro pratico.
Che profili forma? Designer con competenza video, content creator per interni, figure ibride capaci di gestire produzione e comunicazione per studi e brand.
Quanto conta l’attrezzatura? Conta di più l’idea e la gestione della luce. L’attrezzatura segue. IMID insegna metodo, replicabile con setup differenti.
Come candidarsi
Il Master IMID è in presenza a Venezia. L’ammissione è a numero chiuso e prevede selezione. Se cerchi un percorso intensivo che unisce pratica, tecnologia e cultura del progetto, questo modulo di videomaking ti darà un vantaggio reale nel mercato: saprai raccontare gli interni con rigore e sensibilità, costruendo portfolio e relazioni professionali solide.
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Conclusione
Raccontare gli interni significa dare una voce agli spazi. Il videomaking è quella voce: se è chiara, misurata e coerente, amplifica il progetto e lo rende memorabile. In IMID, questo si impara sul campo, con un metodo solido e la guida di professionisti. Tecnica e sensibilità si incontrano; la teoria trova forma nel set; la pratica diventa competenza. È qui che nasce la tua capacità di comunicare il design come merita.
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